
Mosley sostiene di star ricevendo pressioni per restare alla guida della FIA e che in FOTA si è sbagliato a "danzare sulla sua tomba fintanto che lui è ancora vivo". La sua personale intenzione sarebbe comunque quella di mollare a fine mandato. Ha però affermato che alcune considerazioni potrebbero spingerlo a ricandidarsi: se la FOTA e l'industria automobilistica acquisissero eccessivo potere presso l'autorità sportiva si genererebbe un conflitto di interessi e lui non vuole permettere che la sua rinuncia venga fatta passare per una "resa".
Quello che proprio non è andato giù a Mosley è l'esser stato definito un "dittatore" dalla stampa italiana. Ha poi rincarato la dose affermando che Montezemolo è solo una figura di rappresentanza che "nessuno prende realmente sul serio, nemmeno in Fiat, dove a comandare è Sergio Marchionne".

Ai comuni mortali non è dato ovviamente sapere se la proposta di Mosley riguardo Jean Todt sia stata un'abile mossa per "bruciare" una preziosa carta in mano all'avversario, nè se l'opposizione di Montezemolo sia una altrettanto strategica mossa per ostentare distanza da quello che potrebbe diventare il futuro presidente FIA (in modo da poter dire un domani "non l'abbiamo mica voluto noi"). Quel che è certo è che la "querelle" assomiglia sempre più ad una complessa partita di scacchi.
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